Una storia buffa per raccontarne una molto molto triste.
Questo post è apparso originariamente sul mio vecchio blog, Scarabocchi di pensieri, nel febbraio 2016.
Un foglio bianco, un cursore
che lampeggia e io che non so da dove cominciare. Mi gira ancora la
testa, dopo la lettura di questo romanzo.
Si potrebbe dire che Ogni
cosa è illuminata sia la storia dell'autore che, con una foto in
mano, compie un viaggio dall'America all'Ucraina alla ricerca di
Augustine, la donna che forse ha salvato il nonno dai nazisti decenni
e decenni prima. Nel suo viaggio è accompagnato dal coetaneo Alex,
che gli fa da interprete, dal nonno fintamente cieco dell'interprete
e dal suo cane Sammy Davis Junior Junior.
Si potrebbe dire che Ogni
cosa è illuminata sia la storia di uno shetl, Trachimbrod, raso
completamente al suolo durante la seconda guerra mondiale.
Si potrebbe dire che Ogni
cosa è illuminata sia la storia di un uomo buono vissuto in tempi
cattivi, che non può essere lo stesso di prima, che sopravvive
grazie ad azioni inammissibili in un tempo normale, ma che si possono
provare a perdonare, visto il contesto.
Si potrebbe dire che Ogni
cosa è illuminata sia la storia di una donna, Lista, unica
sopravvissuta di un'intera comunità, che vive circondata da ricordi
chiusi in tante scatole meticolosamente etichettate che nessuno verrà
mai a cercare, perché tutti sono morti con l'arrivo dei nazisti:
tutti.
Si potrebbe dire che Ogni
cosa è illuminata sia la storia di Brod, nata misteriosamente dal
fiume da cui prende il nome nel 1791, che non è altro che la bis bis
bis bis bisnonna dell'autore del romanzo, nonché protagonista di
questo assurdo viaggio sconclusionato e alquanto sopra le righe. La
storia di Brod si alterna al viaggio del pro pro pro pro pronipote e
al suo scambio di lettere col giovane interprete, divenuto, nel
frattempo, un amico.
Questo primo romanzo di
Jonathan Safran Foer è un caos, una stanza disordinata, dove ci
vuole molto impegno, e costanza, e fatica, per cercare di ridare il
posto giusto alle cose. Io sono la regina del caos, eppure tra queste
pagine mi sono persa.
Mi aspettavo una storia, una
soltanto, invece ne ho trovate tante, mescolate da un capitolo
all'altro, narrate da più punti di vista, con stili completamente
diversi. È stata una lettura confusa: a tratti meravigliosa, a
tratti commovente, a tratti divertente, a tratti noiosa, a tratti
incomprensibile, a tratti surreale.
Mi aspettavo un libro
incentrato sull'Olocausto, invece del vero e proprio sterminio
operato dai nazisti viene scritto poco, in proporzione alle pagine
del romanzo. A un certo punto della loro corrispondenza epistolare
l'autore mette in bocca all'amico ucraino che il buffo è l'unico
modo veritiero di raccontare una storia triste e credo che sia questa
l'unica vera chiave di lettura possibile di Ogni cosa è illuminata.
La drammaticità della Shoah passa quasi in secondo piano rispetto
alla stravaganza dei personaggi. Difficilmente mi ricorderò del
nonno di Alex come di un depresso superstite incapace di vivere, è
molto probabile che terrò in mente il suo voler far credere a tutti
di essere cieco, pur essendo proprio lui l'autista di quello strano
gruppo di viaggiatori, indagatori del passato.
Fingersi ciechi, già.
Sarebbe stato meglio esserlo davvero certe volte, sarebbe stato
meglio non poter vedere, non poter sentire, non poter parlare,
durante i rastrellamenti dei nazisti, ma invece il nonno di Alex non
era né cieco, né sordo, né muto. Era un uomo buono, in tempi
cattivi. Era sopravvissuto, lui che era solo un ucraino non ebreo.
Era sopravvissuto a caro prezzo, come tutti. Fingeva di essere cieco,
fingeva di aver dimenticato, ma non si può. Se ci si vuole battere
per un futuro migliore si deve non solo conoscere il passato, ma
anche riappacificarsi con esso. Ed è quella riappacificazione la
vera meta di questo viaggio verso un paese che non esiste più.
Mi gira ancora la testa,
anche dopo aver tentato di riaggomitolare i fili sopra questa pagina
che era bianca. Non so dire se questo romanzo mi sia piaciuto o no,
perché in alcune parti l'ho trovato eccezionale, in altre ho
sbadigliato.
Ho particolarmente
apprezzato le parti scritte da Alex, molto più di quelle messe
insieme dal vero scrittore Jonathan Safran, mi sono piaciute per la
sua lingua stentata, per i suoi modi di dire (fabbricare le zeta, per
esempio), per il suo modo di essere buffo, per la sua crescita.
Le parti drammatiche
dedicate all'avanzata nazista sono da brividi.
Forse avrei apprezzato di
più il romanzo se non ci fosse stata tutta la parte riguardante il
passato, visto che tra quelle pagine mi ci sono arenata in più
occasioni, con la forte tentazione di chiudere tutto e lasciare il
libro a metà. Per fortuna non lo faccio mai.
Se volete leggere le frasi che ho sottolineato leggendo il libro vi rimando a questo post!
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