Del perché non sempre la maternità è tutta rose e fiori e del perché fa bene raccontarlo: i miei pensieri sul libro che mi ha fatto sentire meno sbagliata.
C'era una volta un blog in cui scrivevo di libri in un tempo lontano in cui ero una ventenne (o giù di lì) libera e indipendente.
C'era una volta quella ventenne che da sola si bastava, che a tutti quelli che le chiedevano Dove ce l'hai il fidanzato? rispondeva con un sorriso alzando le spalle, convinta com'era che, prima di lasciarsi amare da un uomo, avrebbe dovuto impararsi ad amare lei.
C'era una volta un uomo che poi è arrivato davvero facendo scoprire a quella tipa complicata lì, divenuta nel frattempo venticinquenne, che in fondo l'amore non era poi così tanto male e che, forse forse, poteva anche provare a lasciarsi andare, con lui.
C'era una volta una piccola donna divenuta innamorata, allergica ai contratti d'amore e desiderosa di vivere ancora la coppia nuda e cruda almeno fino ai trent'anni.
E c'era una volta una scena come quella di una pubblicità vista in tv: la mamma che dice pillola, il papà che dice preservativo e infine un bimbo allegro e sgambettante che fiero sentenzia sorpresa! e lo dice con quel musino coccoloso lì che tutto sommato pensi E che sarà mai in fondo?
Eh già.
C'era una volta una ventisettenne che tutto sommato lo pensava che, se fosse capitato lei, comunque dei bambini era sempre andata pazza; lo pensava, certo, fino a quando poi un ritardo c'è stato davvero seguito da due lineette comparse belle rosa e nitide su un test fatto comprare a lui.
E lì tutto è cambiato e quello che c'era una volta, di punto in bianco, sembrava non esserci più.
Non dico di esserne orgogliosa, ma la mia reazione di fronte a quelle due lineette comparse fra le mie mani lo scorso inizio luglio è stata di panico assoluto. Panico cui sono seguite lacrime su lacrime per settimane, accompagnate da scene apocalittiche nelle quali niente di tutto quello che ero stata fino a quel momento sarebbe sopravvissuto all'arrivo di una bambina (parlo al femminile, perché nel frattempo ho scoperto che sarà rosa il fiocco da attaccare al portone di casa).
Insomma: non ho fatto minimamente i salti di gioia e mi dispiace, giuro, spero che lei non se la sia presa più di tanto e che non mi punisca con notti insonni fino alla prima elementare o con un travaglio lungo settantadue ore.
Ho sempre amato i bambini di tutti, sono sempre stata l'animatrice di ogni pranzo tra parenti, ho sempre preferito parlare e giocare con loro piuttosto che ascoltare le lamentele sterili degli adulti, per la mia nipotina farei qualsiasi cosa scema possibile e immaginabile, ma cavolo...diventare mamma mi sembrava (e mi sembra tuttora) completamente un'altra cosa.
Se mi immagino mamma non riesco a vedermi con la stessa seria responsabilità delle altre mamme, non riesco a concepirmi mamma e basta, non so se mi spiego.
No, non ho intenzione di abbandonare mia figlia o di lasciarla come un pacco a nonni e ipotetiche baby sitter, anzi: vorrei esserci ogni giorno per lei, ma a modo mio.
Ora, quale sarà il mio modo di essere mamma lo scopriremo a febbraio, ma spero con tutto il mio cuore di riuscire a restare me stessa, con le mie passioni, i miei pensieri, la mia voglia di fare, la mia curiosità. Tutto ciò anche se avrò una bimba per cui, almeno per i primi mesi, sarò la persona più importante del mondo.
Non nego di essermi sentita molto sbagliata quest'estate, un po' perché impreparata alla notizia e un po' perché mi sentivo diversa da molte altre donne che per i figli dimenticano se stesse. Ecco, io credo che non riuscirei a renderla felice né a essere una buona madre per lei se non riuscissi a ritagliarmi del tempo per me, per le mie creazioni o per leggere un libro o per una passeggiata coi miei cani o per scrivere qualche cavolata.
Sono egoista? Sono crudele? Sono una specie di matrigna di Biancaneve? No. Mi conosco e posso escluderlo con certezza assoluta. Sono solo una donna piuttosto giovane che nel gergo popolare è rimasta incinta, cinque mesi fa, e che vuole provare a essere tutto: donna, compagna, madre, amica, sorella, figlia.
Giuro che mi sono sentita in colpa, molto, ma adesso ne sono in parte uscita.
Ad aiutarmi sono state le persone che mi vogliono bene e che mi hanno vista palesemente in difficoltà, ma ad aiutarmi è stato anche un libro, quello al quale in teoria era dedicato questo post: Quello che le mamme non dicono di Chiara Cecilia Santamaria, autrice del blog di successo Ma che davvero?
Anche per lei la gravidanza è stata una sorpresa e anche lei non ha reagito nel modo canonico facendo salti di gioia e benedicendo il caso o la disattenzione, no; come per me anche per lei la scoperta della lieta notizia è stata un vero e proprio shock.
Per fortuna ha deciso di raccontarlo in questo libro che, davvero, mi ha fatto sentire molto meno sbagliata.
Per il momento non ho comprato altri libri sulla maternità, probabilmente nemmeno lo farò, non ho bisogno di favolette zuccherose dove tutto è rosa e fiori, perché ho già capito che per me non è stato così e perché per mia natura non sono, in generale, una persona particolarmente romantica. Sono più cinica che romantica, ecco.
E questo libro mi è piaciuto molto, è come se mi avesse teso una mano e dato una carezza. È come se mi fossi sentita dire Ero come te, stessi anni, stessa paura di non saper conciliare una figlia e la libertà personale, eppure anni dopo sono qui, viva e vegeta, con una bambina bellissima che sta crescendo e sì, sono riuscita a esserci per lei, ma anche a esserci per me.
Ne consiglio spassionatamente la lettura, perché è sincero, non drammatico, ma ironico; perché infonde speranza, perché noi donne dobbiamo crederci alle potenzialità che abbiamo e non dobbiamo annullarci mai.
Spesso non sono gli uomini il problema, ma la poca considerazione che abbiamo di noi stesse.
Continuo a non sapere che mamma sarò, continuo ad avere mille paure, ma quest'Alice che cresce dentro di me so già che sarà la sorpresa più bella della mia vita e, detto tra noi, non vedo l'ora che passino questi quattro mesi e che possa finalmente dare sfogo alla mia irresistibile voglia di comprare vestitini rosa!
C'era una volta quella ventenne che da sola si bastava, che a tutti quelli che le chiedevano Dove ce l'hai il fidanzato? rispondeva con un sorriso alzando le spalle, convinta com'era che, prima di lasciarsi amare da un uomo, avrebbe dovuto impararsi ad amare lei.
C'era una volta un uomo che poi è arrivato davvero facendo scoprire a quella tipa complicata lì, divenuta nel frattempo venticinquenne, che in fondo l'amore non era poi così tanto male e che, forse forse, poteva anche provare a lasciarsi andare, con lui.
C'era una volta una piccola donna divenuta innamorata, allergica ai contratti d'amore e desiderosa di vivere ancora la coppia nuda e cruda almeno fino ai trent'anni.
E c'era una volta una scena come quella di una pubblicità vista in tv: la mamma che dice pillola, il papà che dice preservativo e infine un bimbo allegro e sgambettante che fiero sentenzia sorpresa! e lo dice con quel musino coccoloso lì che tutto sommato pensi E che sarà mai in fondo?
Eh già.
C'era una volta una ventisettenne che tutto sommato lo pensava che, se fosse capitato lei, comunque dei bambini era sempre andata pazza; lo pensava, certo, fino a quando poi un ritardo c'è stato davvero seguito da due lineette comparse belle rosa e nitide su un test fatto comprare a lui.
E lì tutto è cambiato e quello che c'era una volta, di punto in bianco, sembrava non esserci più.
Insomma: non ho fatto minimamente i salti di gioia e mi dispiace, giuro, spero che lei non se la sia presa più di tanto e che non mi punisca con notti insonni fino alla prima elementare o con un travaglio lungo settantadue ore.
Ho sempre amato i bambini di tutti, sono sempre stata l'animatrice di ogni pranzo tra parenti, ho sempre preferito parlare e giocare con loro piuttosto che ascoltare le lamentele sterili degli adulti, per la mia nipotina farei qualsiasi cosa scema possibile e immaginabile, ma cavolo...diventare mamma mi sembrava (e mi sembra tuttora) completamente un'altra cosa.
Se mi immagino mamma non riesco a vedermi con la stessa seria responsabilità delle altre mamme, non riesco a concepirmi mamma e basta, non so se mi spiego.
No, non ho intenzione di abbandonare mia figlia o di lasciarla come un pacco a nonni e ipotetiche baby sitter, anzi: vorrei esserci ogni giorno per lei, ma a modo mio.
Ora, quale sarà il mio modo di essere mamma lo scopriremo a febbraio, ma spero con tutto il mio cuore di riuscire a restare me stessa, con le mie passioni, i miei pensieri, la mia voglia di fare, la mia curiosità. Tutto ciò anche se avrò una bimba per cui, almeno per i primi mesi, sarò la persona più importante del mondo.
Non nego di essermi sentita molto sbagliata quest'estate, un po' perché impreparata alla notizia e un po' perché mi sentivo diversa da molte altre donne che per i figli dimenticano se stesse. Ecco, io credo che non riuscirei a renderla felice né a essere una buona madre per lei se non riuscissi a ritagliarmi del tempo per me, per le mie creazioni o per leggere un libro o per una passeggiata coi miei cani o per scrivere qualche cavolata.
Sono egoista? Sono crudele? Sono una specie di matrigna di Biancaneve? No. Mi conosco e posso escluderlo con certezza assoluta. Sono solo una donna piuttosto giovane che nel gergo popolare è rimasta incinta, cinque mesi fa, e che vuole provare a essere tutto: donna, compagna, madre, amica, sorella, figlia.
Giuro che mi sono sentita in colpa, molto, ma adesso ne sono in parte uscita.
Ad aiutarmi sono state le persone che mi vogliono bene e che mi hanno vista palesemente in difficoltà, ma ad aiutarmi è stato anche un libro, quello al quale in teoria era dedicato questo post: Quello che le mamme non dicono di Chiara Cecilia Santamaria, autrice del blog di successo Ma che davvero?
Anche per lei la gravidanza è stata una sorpresa e anche lei non ha reagito nel modo canonico facendo salti di gioia e benedicendo il caso o la disattenzione, no; come per me anche per lei la scoperta della lieta notizia è stata un vero e proprio shock.
Per fortuna ha deciso di raccontarlo in questo libro che, davvero, mi ha fatto sentire molto meno sbagliata.
E questo libro mi è piaciuto molto, è come se mi avesse teso una mano e dato una carezza. È come se mi fossi sentita dire Ero come te, stessi anni, stessa paura di non saper conciliare una figlia e la libertà personale, eppure anni dopo sono qui, viva e vegeta, con una bambina bellissima che sta crescendo e sì, sono riuscita a esserci per lei, ma anche a esserci per me.
Ne consiglio spassionatamente la lettura, perché è sincero, non drammatico, ma ironico; perché infonde speranza, perché noi donne dobbiamo crederci alle potenzialità che abbiamo e non dobbiamo annullarci mai.
Spesso non sono gli uomini il problema, ma la poca considerazione che abbiamo di noi stesse.
Se volete leggere le frasi che ho sottolineato leggendo il libro vi rimando a questo post!
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