LE FRASI CHE HO SOTTOLINEATO LEGGENDO IL ROMANZO DI Chiara Gamberale "Quattro etti d'amore, grazie" (QUI LA RECENSIONE DEL LIBRO).
Un litro di latte parzialmente
scremato. Uno intero. Mezzo chilo di penne rigate. Un barattolo di
fiducia. Due di marmellata alle ciliegie. Un chilo di patate, uno di
illusioni. Un arrosto d'infanzia e uno di tacchino: da surgelare. Due
bustine di pietà, due di lievito, una serata diversa da tutte, un
cespo di abitudini, uno di lattuga, il posto fisso, un tubetto di
dentifricio ultrasbiancante, la sigaretta dopo il caffè, una
telefonata lunga, il perché, sei rotoli di carta igienica, il
weekend al mare, il telegiornale delle otto, una risata scema,
qualche mandarino, la verità, però anche no, un flacone di
ammorbidente, una confezione di preservativi, una di pannolini, lo
yoga, tre pacchi di biscotti panna e cioccolato, un'offerta speciale,
il prezzemolo.
Serve davvero tutta questa roba, alla
gente che passa di qui? Gli serve, certo: ma non gli basta. E allora
a che gli serve se non gli basta? Boh.
Ecco, lo sapevo, ci risiamo. Provo a
essere gentile.
«Signora, scusi: doveva pesare le
zucchine al reparto frutta e verdura.»
Sempre così.
Si dimenticano di pesare le cose al
momento giusto, quando le prendono, e credono che arrivati a un certo
punto, come per magia, ci pensi qualcun altro. Ma il prezzo mica
arriva così, mica è una rivelazione, mica è l'oroscopo: tu scegli
una cosa e quella cosa ce l'ha. No?
E si sussurrano qualcosa con gli occhi.
Faranno l'amore stanotte?
Forse.
Comunque s'addormenteranno allacciati,
si scambieranno paure, pin del cuore, speranze, carezze loro, loro e
basta, confidenze che nemmeno Viola e Piccolo possono ascoltare.
Magari inconsciamente siamo tutti
complici delle bugie che ci riguardano.
Sdraiati qui, a letto con me, e
raccontami una storia. Non ne sai nessuna? Inventala. L'importante è
che sia qualcosa che non esiste. Qualcosa che non serve. Qualcosa che
mi porti lontana, che ci porti lontane, lontanissime, da tutto questo
qui.
«Mamma, ma tu che intenzione ci metti
nelle cotolette che stai friggendo?»
«Quanto sei matta, Tea.»
E invece no: ho scoperto quella sera,
dopo le prove. No che non sono matta. Siete voi che, certamente: mi
amate. Ma non mi capite! Non capite che tutto quello che riempie i
vostri pensieri e le vostre vite a me fa diventare il sangue colla.
L'incontro fatale della nostra vita,
forse, fa proprio così: prima ci riscatta da tutto quello che da
bambini non avevamo, non eravamo. Poi, giorno dopo giorno, ci fa
venire una nostalgia tremenda di tutto quello che avevamo, che
eravamo. E quel riscatto ci appare improvvisamente un attentato.
È una grande ingiustizia: quelli che
ballano vogliono sempre trascinare quelli che non ballano, ma quelli
che non ballano non si permetterebbero mai di costringere quelli che
ballano a stare seduti.
«I perché lasciamoli a chi crede che
la vita abbia un senso».
«Ma tu ci pensi, Erica? A tutte le
esistenze che potrebbero farci felici, se non fossimo sempre alle
prese con la nostra? [...] Bisogna chiederselo, ogni tanto, Erica.
Bisogna, cazzo: ma la vita è mia o è lei che sta vivendo me?»
«Se non sai uscire da un tunnel
arredalo.»
«Tutti credono di essere diversi, un
istante prima di diventare identici agli altri.»
«Papà.»
«Teodora.»
Ci abbracciamo come se non ci vedessimo
da anni, come se fosse l'ultima volta che ci è possibile farlo. E
poi piomba, subito, una specie di formalità. Funziona così fra noi.
Più forte del bene assoluto che ci lega è solo l'imbarazzo del
fatto che sia così. Ancora e per sempre.
«Non lasciarsi andare e guadagnarsi da
vivere non è un dovere: è il diritto più straordinario che abbiamo
a disposizione».
"Mezzo chilo d'amore da darmi. Ce
l'hai?"
Anzi no, facciamo quattro etti. Mi
bastano. E a tutto l'amore che hai tu non tolgono niente. No? Su, ti
prego. Dalli a me. Ti prego. Dammeli. Oggi. Ora. Quattro etti
d'amore, grazie.
Siamo tutti, forse, il Peter Pan di
qualcuno.
Innocenti: tutti.
Senza cuore, con chi è davvero pronto
a darci il suo.
La verità è che i clienti di sto
supermercato sono tutti un po' matti. Entrano, escono.
Passano di qui fra una delusione, una
speranza, una giornata e l'altra.
Entrano di cuore, di testa.
Credono che l'esistenza che trascinano
gli sia capitata come una dannazione: invece è esattamente l'unica
che desiderano, l'unica adatta a loro.
Si mettono in salvo e credono di
perdersi, rischiano di perdersi e credono di mettersi in salvo.
Quanto pesa quello che siamo? E quello
che non abbiamo?, sembrano chiedersi in continuazione, ma non se lo
chiedono mai.
Tutti così, i clienti di sto
supermercato.
Fanno la spesa per fame: non sanno
precisamente nemmeno di che cosa. Per amore. Di chi li sta aspettando
a casa, o magari li sta aspettando là fuori, dietro un angolo o nel
mondo, fa lo stesso per loro.
Se volete leggere i miei pensieri sul libro vi rimando a questo post!
0 comments