Parole di ieri. Parole per oggi.
Andiamo tutti a scuola per molto tempo. Iniziamo da bambini, finiamo che dovremmo essere adulti.
Anni e anni e anni di istruzione che ci illudono di sapere molte cose, di essere informati su tutto e sicuramente di essere più intelligenti dei nostri avi che a malapena sapevano leggere e scrivere.
Eppure sono certa, a sentire tanti discorsi per le strade, nei bar, in tv, sui social, sono certa, dicevo, che non sia proprio così. Sono certa che viviamo un'epoca privilegiata in cui andiamo tanto a scuola e potremmo tanto scoprire e conoscere, ma sono altrettanto certa che esistono generazioni di laureati analfabeti.
Analfabeti politici.
Non credete che non possiamo essere importanti. Non credete che siano tutti uguali. Non credete che il voto non serva o che non serva la politica.
Tutto è politica. Compresi noi, la strada che percorriamo, i nostri bisogni, i nostri sfizi. Qualsiasi cosa vi viene in mente, qualsiasi, passa per una crocetta su un simbolo.
Bertold Brecht sa dirlo molto meglio di me.
Il peggiore analfabeta
è l’analfabeta politico.
Egli non sente, non parla,
nè s’importa degli avvenimenti politici.
Egli non sa che il costo della vita,
il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina,
dell’affitto, delle scarpe e delle medicine
dipendono dalle decisioni politiche.
L’analfabeta politico
è così somaro
che si vanta
e si gonfia il petto
dicendo che odia la politica.
Non sa l’imbecille che dalla sua
ignoranza politica nasce la prostituta,
il bambino abbandonato,
l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi,
che è il politico imbroglione,
il mafioso corrotto,
il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.
Bertold Brecht (1898-1956)
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